Il principale obiettivo di un servizio che gestisce la tecnologia utilizzata in ambito sanitario è quello di garantire la qualità della prestazione sanitaria erogata tramite la tecnologia, questo è ovviamente intimamente legato al concetto di sicurezza.

È usuale ritenere che il requisito di sicurezza della tecnologia sia implicito nelle caratteristiche stesse dei dispositivi, prescindendo da una dettagliata analisi e valutazione del rischio dovuto all’introduzione e al mantenimento di una tecnologia, di per se sicura, in un contesto organizzativo e strutturale come quello sanitario.

Del resto ogni operatore sanitario si aspetta che una tecnologia biomedica, adoperata secondo le modalità e la destinazione d’uso prevista dal manuale, risulti efficace allo scopo diagnostico- terapeutico e sia intrinsecamente sicura in quanto marcata CE e garantita dal produttore.

Allora il professionista o il servizio, che è demandato dall’azienda a gestire la tecnologia, dovrebbe fornire evidenze che tale assunto sia veritiero, ma nella realtà quotidiana non si opera in una condizione di certezza ma di “probabilità” che risulta anche difficile da garantire nel tempo, non tanto per la sicurezza intrinseca del dispositivo ma per il contesto e le modalità in cui lo stesso viene utilizzato.

È necessario, quindi, ridefinire il concetto di sicurezza, introducendo quello di rischio inteso come la probabilità (la più bassa possibile) che un evento incidente si possa manifestare procurando un danno ad un operatore o ad un paziente. D’altra parte anche lo stesso incidente deve essere analizzato e valutato all’interno del processo e del sistema in cui si verifica, come conseguenza dell’interazione di fattori umani, tecnici e organizzativi.

Pertanto si arriva ad una nuovo approccio che si basa sulla individuazione, analisi, valutazione e monitoraggio del rischioe che identifica il processo di gestione della sicurezza come un requisito strutturale, tecnico e organizzativo del sistema sanitario in cui la tecnologia viene introdotta ed utilizzata .

Tale variazione di approccio implica che un “gestore” dovrà, nelle attività di HTM (Health Technology Management), valutare e gestire il rischio intrinsecamente  associato all’utilizzo della tecnologia nei percorsi di diagnosi-terapia.

E’ evidente che senza la conoscenza del rischio non c’è possibilità di predisporre e di adottare azioni preventive e correttive. Quindi è necessario avviare un processo di individuazione e valutazione del rischio, inteso come processo continuo di miglioramento,  in quanto nel tempo i fattori di rischio,  esterni ed interni, possono cambiare o presentarsi in forme impreviste. Pertanto il processo di gestione del rischio deve basarsi su una metodologia logica e sistematica attuata mediante step successivi che prevedano di identificare, analizzare, valutare, comunicare, eliminare e monitorare tutti i rischi associati all’utilizzo di una tecnologia.

L’approccio di chi gestisce le tecnologie, allora, dovrebbe essere basato su un processo analogo a quello identificato dalla norma UNI CEI EN ISO 14971 (che rappresenta un percorso esaustivo ed efficace per garantire di identificare rischi dal lato del produttore) da implementare nel contesto aziendale del gestore ovvero utilizzatore della tecnologia, realizzando un Sistema integrato di gestione della sicurezza, secondo quanto previsto anche dal D.Lg. 81/08 e s.m.i., relativo alla gestione delle tecnologie (tramite analisi e gestione del rischio ad esso associato).

Da quanto detto emerge chiaramente che esiste una integrazione indissolubile tra gestione del rischio e gestione dei processi di technology governance.

Ecco allora l’importanza di cercare di implementare un nuovo modello di gestione delle tecnologie biomediche che sia basato su un processo integrato di gestione del rischio relativo all’uso delle stesse all’interno dei percorsi diagnostici terapeutici .

Pertanto per eseguire l’analisi e la gestione del rischio relativo alle tecnologie biomediche, si deve cambiare approccio e finalità rispetto alle metodiche classiche finora utilizzate nella maggior parte delle aziende sanitarie. Infatti, il modello che finora è stato seguito, in massima parte da tutti gli operatori, è basato sul concetto di espletamento di una pratica una tantum che una volta eseguita dava garanzie per sempre.

Invece deve essere sviluppato un modello di gestione del rischio secondo un approccio attivo, che va gestito non solo inizialmente,  ma durante tutto l’arco di vita della tecnologia immessa sul mercato, installata presso la struttura sanitaria e introdotta in un percorso di diagnosi e cura.

Il modello adottato deve garantire l’analisi delle performance delle tecnologie biomediche, sulla base delle rilevazioni che si possono riscontrare durante l’utilizzo del dispositivo da parte di tutte le figure che possono essere coinvolte.

Fonte: Si rimanda alle fonti bibliografiche

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